Massimale capiente all’epoca del sinistro, ma incapiente al momento del pagamento
La Corte Cassazione (num. 9666 del 19 aprile 2018), si è espressa in un caso nel quale il ritardo nel risarcimento da parte della compagnia aveva aperto all’ipotesi di cattiva gestione da parte dei danneggiati. La motivazione della sentenza trova la sua ragione nell’ammontare del massimale rispetto alle richieste.
L’ordinanza fa il punto sulle conseguenze della negligente gestione del sinistro che l’assicuratore della Rc auto ponga in essere.
Quando l’assicuratore omette di istruire il sinistro e liquidare quanto dovuto alla vittima, nei tempi e con le modalità rigorose e precise previste dal Codice delle Assicurazioni, le conseguenze possono diversamente riverberarsi nella sfera della vittima, ma tale inadempienza non sempre ha come conseguenza il far venire meno del limite di massimale previsto.
Nel caso di specie esaminato dalla Cassazione, gli eredi di una vittima di un sinistro stradale mortale avevano allargato la domanda in causa alla declaratoria di mala gestio dell’impresa sul presupposto che la stessa avesse colposamente ritardato il pagamento del risarcimento, così rendendosi inadempiente al contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato con l’autore dell’illecito, ed esponendolo di conseguenza al rischio di restare privo di copertura per i danni eccedenti il massimale.
In primo e secondo grado venne accolta solo parzialmente la domanda di mala gestio, riconoscendo una somma eccedente il massimale per effetto della maturazione degli interessi dalla data della insorgenza dell’obbligazione risarcitoria per l’assicuratore alla data di effettivo e ritardato esborso.
Il ricorso in Cassazione si basava sulla considerazione che nei primi due gradi di giudizio era stato trascurato di considerare che il difensore dei danneggiati, in sede stragiudiziale, aveva rivolto all’assicuratore una proposta transattiva, ingiustificatamente rifiutata, e che, ove accettata, avrebbe avuto l’effetto di estinguere ogni obbligazione dell’assicurato verso i danneggiati.
Pertanto il danno patito era pari non già alla mera rivalutazione del massimale garantito, ma all’intero importo del danno da versare alle vittime del sinistro, anche se eccedente detto limite.
Nel respingere la censura, la Corte osserva che non sempre, una volta accertata tale condotta inadempiente, per ciò solo il limite del massimale venga meno del tutto.
In particolare la Cassazione identifica tre diversi casi:
1. Massimale capiente nonostante la mala gestio: la compagnia pagherà per intero il danno richiesto e subirà le sanzioni amministrative previste dall’art. 315 per l’ingiustificato ritardo.
2. Massimale capiente all’epoca del sinistro, ma incapiente al momento del pagamento: se c’è stata mala gestio, l’assicurato conserva il diritto alla copertura integrale e potrà pretendere di essere manlevato anche oltre il massimale, perchè l’assicuratore dovrà risarcire non il fatto dell’assicurato, ma il fatto proprio, e cioè il pregiudizio al diritto di garanzia dell’assicurato, derivato dal colposo ritardo nell’adempimento.
3. Massimale incapiente anche all’epoca del sinistro: poichè l’assicurato non sarebbe mai stato manlevato del tutto, anche se c’è stata mala gestio la compagnia non risponderà oltre massimale per l’intera richiesta risarcitoria, ma soltanto per gli interessi legali sul massimale, oltre al maggior danno, ex art. 1224, comma 2, c.c.
In altre parole, solo se, con la propria inerzia, l’assicuratore genera all’assicurato la perdita della possibilità di contenere il danno all’interno del limite della garanzia (cioè solo nel caso in cui si verifichi l’ipotesi n. 2) la stessa impresa dovrà versare tutte le somme di danno, anche se eccedenti detto limite.
In caso contrario la condotta colpevole della compagnia potrà essere sanzionata solo con la maggior somma pari a rivalutazione monetaria e interessi legali del massimale non messo tempestivamente a disposizione, seppure per il parziale risarcimento del danno.